Un pugno di uranio fornisce tanta energia elettrica, quanta ne danno 70 tonnellate di carbone e 390 barili di petrolio. Una centrale nucleare in grado di rifornire di elettricità una città di un milione di abitanti consuma solo 3 chilogrammi di uranio al giorno, per cui possiamo concludere che la sorgente nucleare è la sorgente energetica più efficiente che sia stata mai sperimentata. L’uranio è uno degli elementi più densi che esistano in natura e ciascuno dei suoi atomi è al limite dell’instabilità: il nucleo ha bisogno solo di un proiettile non molto energetico per rompersi e quando si divide libera grandi quantità di energia in un processo di fissione nucleare. Il proiettile di cui ha bisogno il nucleo è costituito da neutroni che alimentano la reazione a catena. L’energia di fissione può essere liberata lentamente, un po’ per volta, ed usata per produrre vapore che aziona le turbine. In questo articolo, dopo aver visto come si produce energia, verrà data un’idea dello stato dell’arte dei vecchi e nuovi impianti nucleari a fissione (terza e quarta generazione), evidenziando i pregi ed i difetti che questi presentano non solo rispetto ad altri tipi di reattori non nucleari, ma anche rispetto agli impianti nucleari di prima e seconda generazione, che costituiscono la maggioranza dei reattori oggi in servizio.
Introduzione Da un punto di vista ambientale, se non si considerano le possibili catastrofi ecologiche, l’energia nucleare è decisamente interessante, poiché non contribuisce all’aumento dell’effetto serra, ha un altissimo rendimento, e utilizza come combustibile l’uranio che è disponibile in grandi quantità. Un altro vantaggio sta nella stabilità dei costi: il 70-80% delle spese è costituito dai cosiddetti costi fissi, mentre l’eventuale variazione di prezzo del combustibile influisce in minima parte sul costo dell’energia, prodotta: esattamente l’opposto di quanto avviene per i combustibili fossili. Nel mondo è oggi attiva la terza generazione di reattori nucleari. La prima si riferisce agli impianti costruiti negli anni Cinquanta e Sessanta, con pochi esemplari ancora in funzione, la seconda (come ad esempio Caorso) cui appartengono la maggior parte delle centrali attuali, ha sistemi di sicurezza che in buona parte si appoggiano a tecnologie idrauliche ed elettriche (come per esempio l’inserimento delle barre di controllo) per spegnere la reazione (operazione che in gergo tecnico viene chiamata SCRAM).
Negli anni Novanta è cominciata a comparire la terza generazione di reattori, sviluppati dalle industrie americane e giapponesi. Si tratta di impianti più efficienti dei precedenti poiché riescono a bruciare meglio il combustibile; dotati di una vita più lunga (fino a 60 anni) e caratterizzati da sistemi di sicurezza che non richiedono in genere energia, ma sono basati in parte su leggi fisiche, come la gravità e la convezione del calore. In particolare, le barre di controllo vengono azionate da sistemi idraulici ed elettrici indipendenti e separati, anche per quanto riguarda l’ubicazione dell’impianto e la loro alimentazione. In questo modo se un incidente mette fuori uso uno dei sistemi, l’altro subentra automaticamente. Nel 2000 un gruppo di Paesi ha dato vita al IV Generation Forum, un comitato di esperti incaricati di individuare le tecnologie per i reattori di quarta generazione, la cui costruzione è prevista per il 2030. I nuovi impianti saranno caratterizzati da semplicità ed economia di gestione, massima sicurezza produzione di una quantità minima di scorie e possibilità di essere impiegati non solo per generare energia elettrica ma anche per produrre acqua dolce (dissalazione) dall’acqua di mare e per estrarre idrogeno dall’acqua, processi questi che richiedono temperature più elevate rispetto a quelle degli attuali reattori. Fornire energia ad una popolazione mondiale che già oggi conta 8 miliardi di persone, e che continua ad espandersi, è già in sé una sfida senza precedenti.
Se poi si aggiunge l’esigenza di ridurre drasticamente le espansioni di gas serra, le difficoltà diventano proibitive. Il nucleare non va considerato in sé; esso è infatti parte di un quadro complessivo che negli ultimi due o tre anni è cambiato soprattutto a causa dei conflitti in corso. Al Nuclear Energy Summit dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica, (IAEA) che si è svolto il 21 marzo 2024 Bruxelles tutti o quasi hanno citato come priorità la “security” ossia la sicurezza di approvvigionamento energetico. Prima si parlava di sostenibilità ma gli attuali conflitti hanno fatto cambiare tante cose. In realtà gli Stati Uniti che sono il primo Paese al mondo per potenza nucleare installata (un centinaio di gigawatt (GWe), corrispondenti al triplo del fabbisogno italiano e al 18% di quello statunitense) avevano questa priorità già da tempo. E così si sono resi indipendenti dal punto di vista energetico soprattutto facendo ricorso ai combustibili fossili. Ci sono riusciti per mezzo del cosiddetto “fracking”, una tecnica dal forte impatto ambientale che prevede l’uso di un fluido sotto pressione per stimolare il rilascio di gas e petrolio nel sottosuolo. Di fatto, al momento, gli Stati Uniti non hanno bisogno di nuovi impianti nucleari. Dal 2000 ad oggi gli americani ne hanno costruito solo due e pochissimi altri sono in programma per i prossimi anni.
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