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Il Tokamak è un prototipo di reattore a fusione su cui stanno puntando molti progetti, presenti e futuri. Anzitutto il progetto internazionale ITER, parola che in latino vuol dire “cammino” o “percorso” ma che è anche acronimo di International Thermonuclear Experimental Reactor (reattore sperimentale termonucleare internazionale) a cui partecipano ben 35 nazioni, Italia compresa, la quale non solo mette a disposizione un gran numero di scienziati ed ingegneri, ma che è stata anche incaricata di sviluppare la sorgente e l’iniettore di ITER (presso il consorzio RFX a Padova) ed il divertore di energia di DEMO, il successore di ITER, presso l’ENEA a Frascati.

La collaborazione ITER sta costruendo il più grande Tokamak della storia a Chadarache, località posta nei pressi di Marsiglia. Si tratta di un reattore (ancora allo stato dimostrativo in quanto il suo successore DEMO sarà il primo ad immettere energia elettrica in rete) che fonderà deuterio e trizio nella cui reazione si producono un nucleo di elio-4 ed un neutrone. In questo articolo, dopo aver detto almeno per sommi capi come funziona un Tokamak, vedremo come si comporta il plasma di deuterio e trizio a temperature di centinaia di milioni di gradi, come lo si isola dal resto del reattore, ed infine, come un Tokamak potrà trasformare l’energia nucleare in energia elettrica.

Dalla fissione alla fusione

ITER è il prototipo di reattore a fusione per antonomasia ed è divenuto ormai un punto fisso di riferimento nel settore. Attualmente nell’ambito dei più tradizionali (e oggi già disponibili) reattori a fissione vi sono due tipologie molto promettenti: gli “Small Modular Reactor” (SMR) e gli “Advanced Modular Reactor” (AMR) che sono a metà strada tra la terza e la quarta generazione di reattori. Gli SMR sono reattori modulari di dimensione ridotta che producono comunque scorie radioattive a lunga vita. Gli AMR, invece, utilizzano metalli liquidi come refrigeranti che minimizzano i rifiuti a lunga vita prodotti. Attualmente sono due gli impianti SMR al mondo: il primo in Russia è stato montato su una nave che da San Pietroburgo è stata spostata in Cukotka ove è situato un importante sito minerario.

Visto che è difficile farvi giungere l’energia, dalla nave sono stati collegati cavi elettrici ed un tubo vapore che riscaldano e forniscono energia all’impianto ed ai villaggi vicini. Un secondo impianto, raffreddato a gas, funziona da due anni in Cina. Tuttavia queste due tipologie i reattori, insieme a tutte le altre centrali di terza e quarta generazione oggi in funzione ed in costruzione sono ritenute un passo intermedio verso la costruzione degli impianti a fusione. Attualmente l’energia da fusione sembra avere molti vantaggi rispetto a quella più tradizionale da fissione.

Anzitutto lascia molte meno scorie radioattive, e tali scorie hanno un tempo di dimezzamento molto più breve rispetto a quelle della fissione. Inoltre i combustibili (deuterio e trizio) sono più facilmente reperibili ed alla portata di tutti (il deuterio si ricava facilmente dall’acqua di mare che è praticamente alla portata di qualsiasi nazione mondiale) mentre il trizio si può ricavare, meno facilmente del deuterio, dalla terra, per esempio, irradiando il litio, abbondantemente presente sul suolo terrestre, con fasci di neutroni. Un impianto a fusione, inoltre, anche in caso di reazione incontrollata, non produrrebbe mai un fenomeno di “melt-down”, con relativa fusione del nocciolo e relative esplosioni incontrollate. Ed infine, inutile dirlo, la fusione (come del resto anche la fissione) non rilascia nell’atmosfera alcun gas tossico.

Ma allora, se le centrali a fusione presentano tutti questi inestimabili vantaggi rispetto alle loro concorrenti a fissione, perché non vengono prodotte su vasta scala? La risposta a questa domanda è da ricercarsi nel fatto che sin dalla costruzione del primo prototipo di reattore a fusione, nel lontano 1958, il problema principale è stato quello dell’efficienza. Infatti, l’energia liberata dalla fusione è inferiore a quella consumata per portare il combustibile a centinaia di milioni di gradi, per isolarlo dal resto del reattore e per alimentare gli impianti di sicurezza. I progetti pubblici come DEMO e STEP promettono un reattore efficiente entro il decennio 2040-2050.

È vero che la tecnologia ha fatto passi da gigante nell’ultimo decennio e che sono nati nuovi prototipi che usano combustibili a geometrie diverse, ma è altresì vero che non è stato ancora raggiunto e superato il cosiddetto “punto di pareggio”, cioè quella soglia al di sopra della quale la reazione è in grado di autosostenersi, producendo più energia di quanta ne assorba per innescare ed alimentare nel tempo la reazione. A questo punto vediamo con esattezza quale è la differenza tra fissione e fusione, servendoci anche di qualche esempio grafico. Quando un neutrone urta un nucleo di un atomo pesante (è il caso ad esempio del nucleo di uranio-235) si possono produrre diversi tipi di reazione.

Una è appunto la fissione del nucleo atomico. In figura 1, in alto si può vedere un esempio di fissione di un nucleo di uranio-235. Nell’immagine sotto si può vedere un neutrone che, dopo aver urtato il nucleo, forma dapprima un nucleo composto instabile (U-236). Successivamente il nucleo si scinde in due grossi frammenti (nel nostro caso tellurio e zirconio) e due piccoli frammenti, costituiti da due o tre neutroni che vanno a colpire e scindere altri nuclei. Si genera così una reazione a catena. Lise Meitner ed Otto Frisch, l’11 febbraio 1939 pubblicarono sulla rivista Nature un articolo dal titolo “Disintegration of uranium by neutrons: a new type of nuclear reaction” dove annunciavano che era avvenuta la scissione di un nucleo atomico.

Figura 1 – Esempio di fissione (in alto) e di fusione (in basso).

Sempre in figura 1, ma questa volta nell’immagine in basso si può vedere un esempio di fusione. In questo esempio due nuclei di trizio (ciascuno con un neutrone e due protoni) si uniscono tra loro generando un nucleo di elio-4 (che viene solitamente chiamato particella alfa) e due neutroni. Affinché i due nuclei iniziali possano “fondere” occorre superare la repulsione elettrica fra i protoni. Sotto una certa distanza la coesione tra nucleoni è molto più forte della repulsione elettrica e ciò favorisce il fenomeno di fusione.

Ebbene, mentre in una reazione di fissione si rompe un nucleo atomico in due frammenti, in una reazione di fusione due nuclei atomici si fondono tra loro per formarne uno più grande. Un altro esempio di fusione potrebbe essere quello di un nucleo di deuterio che si unisce al nucleo di trizio per formare un nucleo di elio-4 liberando un neutrone. La fissione e la fusione sono dunque processi tra loro diversissimi eppure entrambi generano energia. La ragione di ciò è dovuta al fatto che essi hanno in comune la caratteristica che in entrambi i processi si formano legami più forti fra i nucleoni (neutroni e protoni) dei relativi nuclei atomici. E quando si forma un legame si libera energia.

L’energia nucleare da fissione e quella da fusione possono considerarsi energie pulite, nel senso che ne l’una ne l’altra producono anidride carbonica o altri gas ad effetto serra e non inquinano l’aria. Non si tratta però (almeno per la fissione) di energia rinnovabile, perché i reattori consumano il combustibile nucleare che non viene rigenerato in natura. Inoltre, gli impianti attuali non sembrano essere neppure sostenibili. Tuttavia alcuni dei reattori a fissione di quarta generazione, potendo consumare torio ed anche il combustibile esausto dei reattori di generazioni più vecchie, potranno invece produrre energia per migliaia di anni e saranno quindi sostenibili. Anche in vista del fatto che potranno utilizzare come combustibile le scorie finora prodotte.

Per quanto concerne invece il problema della sicurezza è opportuno dire che dalla costruzione del primo reattore a fissione della storia (la famosa pila atomica di Fermi del 1942) vi è stata una continua evoluzione degli impianti volta a migliorarne l’efficienza e la sicurezza. I circa 440 reattori attualmente operativi nel mondo sono reattori di seconda e terza generazione mentre sono in corso di sviluppo i reattori di quarta generazione, ancora più sicuri.

Per esempio i reattori di Fukushima erano reattori di seconda generazione ed il disastro del 2011 fu causato da un blackout a sua volta conseguenza di uno tsunami. I cosiddetti “reattori veloci al sodio” di quarta generazione, invece sono disegnati in modo da spegnersi automaticamente in caso di blackout. In ogni caso anche i reattori nucleari di ultima generazione vengono considerati da molti come un passaggio intermedio verso quello che sarà il nucleare del futuro, cioè il nucleare della fusione controllata.

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