Nel presente articolo verranno presi in considerazione alcuni recentissimi orientamenti delle ricerche sulla fusione nucleare controllata. La fusione nucleare, cioè quel processo secondo il quale due nuclei di piccole dimensioni si uniscono tra loro, generando un nucleo più massiccio, e liberando una grande quantità di energia, analogamente a quanto avviene nel Sole, nelle stelle oppure (in modo incontrollato) nel cuore dell’esplosione di una bomba all’idrogeno, è divenuta da anni un serio rompicapo per scienziati ed ingegneri, che stanno ormai da anni cercando di controllarla in laboratorio, per estrarre da essa, usando le parole di Stephen Hawking, “una scorta inesauribile di energia, senza inquinamento e senza riscaldamento globale”.
Il cammino, anche se promette bene, è irto di ostacoli, e si sta muovendo in varie direzioni, una delle quali come abbiamo visto negli articoli apparsi negli ultimi due numeri di questa rivista consiste nell’uso di grandi macchine come i tokamak e gli stellarator. Tuttavia ci si sta parallelamente muovendo anche in altre direzioni, una delle quali consiste nella costruzione di mini-reattori nucleari. In questo articolo, dopo aver richiamato il concetto di fusione nucleare si prenderanno in esame proprio i mini-reattori, e, successivamente, dopo aver preso in esame la particolare reazione protone-boro-11 si concluderà con un’analisi di quelle che sono le possibilità di ricavare elio-3 dalla Luna.
Richiami sul plasma e introduzione alla fusione La fusione nucleare è un particolare tipo di reazione nucleare nella quale due o più nuclei leggeri si uniscono tra loro per formare nuclei più pesanti con un rilascio di ingenti quantità di energia. È noto a tutti che l’energia prodotta nelle reazioni di fissione deriva dalla conversione di materia in energia, nella scissione di atomi di uranio 235. Una conversione simile avviene quando si fondono assieme nuclei leggeri come l’idrogeno ed il deuterio per formare nuclei più pesanti come il trizio e l’elio. Le reazioni di fusione sono la fonte di energia delle più grandi centrali esistenti: le stelle. Una stella è inizialmente una nube di idrogeno che si contrae sotto la sua stessa attrazione gravitazionale e, nella contrazione, aumentano la sua densità, pressione e temperatura.
Gli urti fra gli atomi aumentano di violenza finché essi perdono gli elettroni: la massa di nuclei ed elettroni così prodotta è chiamata plasma e costituisce dopo lo stato solido, quello liquido e quello gassoso, il quarto stato della materia. È proprio in questo stato che si verificano le reazioni di fusione. Le reazioni di fusione sono alla base non solo del funzionamento delle stelle (in questo caso si parla di confinamento gravitazionale), ma anche dell’esplosione incontrollata di una bomba all’idrogeno, la quale, per poter esplodere ha bisogno di una bomba atomica a fissione che funga da detonatore. Quest’ultima infatti innesca la reazione di fusione che si sviluppa in modo incontrollato. L’attenzione degli scienziati di tutto il mondo è oggi rivolta alla possibilità di produrre reazioni nucleari controllate simulando le condizioni del Sole e delle stelle, cioè un plasma molto caldo.
Ciò implica il riscaldamento del gas finché esso non diventa un plasma; quindi deve essere raccolto e rinchiuso in qualche modo riscaldandolo ancora. Per una reazione di fusione economica occorre anche raggiungere almeno uno stato in cui si libera abbastanza energia per bilanciare quella necessaria per il riscaldamento del gas e quella perduta come radiazione dal plasma. Per massimizzare il numero degli urti che producono energia, il maggior numero possibile di nuclei deve essere mantenuto insieme alla più alta temperatura possibile per il maggior tempo possibile. Il plasma, non solo deve essere scaldato a più di 300 milioni di gradi centigradi, ma dovrà essere contenuto all’interno di un recipiente.
Tuttavia, non solo non esiste nessun materiale in grado di contenere un plasma (persino il tungsteno fonderebbe a contatto con un fluido a quella temperatura), ma un eventuale contatto con le pareti del contenitore abbasserebbe drasticamente la temperatura del plasma stesso, impedendo lo svolgimento delle reazioni di fusione termonucleare. Per confinare questo particolare stato della materia, si usano pertanto metodi ingegnosi basati sulla creazione di forti campi elettromagnetici. Le particelle di un plasma si muovono normalmente in tutte le direzioni a migliaia di chilometri al secondo. Essendo tutte cariche sono influenzate da un campo magnetico.
Infatti, se si applica un campo magnetico uniforme al plasma, le particelle si muoveranno su traiettorie elicoidali attorno alle linee di forza del campo. Le particelle positive ruoteranno in un verso, quelle negative nell’altro. A meno di urti, le particelle non attraverseranno le linee di forza e perciò non potranno raggiungere le pareti del recipiente, come è giusto che sia. La fusione nucleare, dunque, è una particolare reazione nucleare, costituita da un urto di riordinamento, accompagnato da sviluppo di energia. L’interesse con cui si studia la reazione di fusione è dovuto in buona parte al fatto che con tale reazione si possono produrre enormi quantità di energia.
Poiché uno degli elementi più importanti della fusione, cioè il deuterio, o idrogeno pesante, si trova abbondantemente in natura (e si può facilmente reperire in grandi quantità nell’acqua di mare), risolvere il problema di trarre energia per le applicazioni pratiche dal processo di fusione significherebbe risolvere una volta per tutte il problema dell’attuale rapido esaurimento dei giacimenti di combustibili fossili convenzionali. Inoltre, come sorgente di energia, la fusione nucleare, offrirebbe un ulteriore vantaggio rispetto alla fissione dell’uranio, consistente nel fatto che essa produce meno scorie radioattive. In una reazione nucleare di fusione l’urto di due nuclei dotati di alta energia da origine ad un riordinamento reciproco dei loro nucleoni (protoni e neutroni) in modo da formare due o più prodotti di reazione con sviluppo di energia. Continua a leggere l’articolo qui